La pagina raccoglie i risultati del lavoro di ricerca sviluppato nell’ambito dell’azione B3 “Communication Design Model for Packaging system Design” del progetto Life TTGG. L’azione ha portato alla definizione di modalità, strumenti e linguaggi per la comunicazione della PEF al consumatore.
Una delle questioni affrontate durante le prime fasi del lavoro di ricerca riguarda la terminologia della PEF. Nello specifico la necessità di tradurre le informazioni da un linguaggio tecnico e specifico a un linguaggio che sia accessibile a chi non ha competenze o conoscenze nel settore.
Al fine di individuare le aree semantiche entro cui muoverci e definire la terminologia e i linguaggi per la PEF, ci siamo avvalse dal punto di vista metodologico di un’attività partecipata finalizzata, tramite la definizione di alcuni esercizi che hanno visto coinvolti i partner di progetto, a porre le basi linguistiche e terminologiche per la costruzione di una comunicazione di immediata comprensione. Alla base delle attività condotte vi è il paradigma traduttivo, secondo modalità ludiche finalizzate a “forzare” i partecipanti a ragionare e lavorare sulla definizione di PEF.
Questo, assieme a considerazioni derivanti da una precedente ricerca desk, ha consentito di formulare un bacino di termini e contenuti utili alla costruzione di una comunicazione che sia: immediata ed efficace; accessibile a gruppi di consumatori e consumatrici che non hanno conoscenze in ambito PEF; credibile (affidabilità della fonte); chiara, che non lasci spazio ad ambiguità o fraintendimenti.
La riflessione sviluppata attorno alle funzioni comunicativo-informative del packaging ha costituito un primo punto fermo a partire dal quale è stato articolato un sistema cross-mediale di comunicazione della PEF.
Il packaging comincia ad adempiere alla sua funzione comunicativa quando il prodotto viene posizionato sullo scaffale del supermercato, rivolgendosi a un gruppo eterogeneo di consumatori, costituito da individui dissimili per background culturare, tipo di formazione, conoscenze e sensibilità verso le tematiche ambientali. A partire da questi presupposti è stato strutturato un sistema comunicativo focalizzato sui linguaggi per la PEF, con una riflessione a livello sistemico relativa alla gestione dei contenuti – livello di approfondimento e utilizzo di linguaggi idonei, dall’iper semplificato al linguaggio tecnico/scientifico di settore – con una particolare attenzione alla tematica dell’accessibilità dei contenuti. Il sistema comunicativo ipotizzato è in grado di fornire diversi livelli di informazione, che l’utente ha la possibilità di scegliere sulla base delle proprie conoscenze e capacità di approfondimento. Il sistema si articola in diversi step che rispondono a finalità specifiche, secondo una logica di accompagnamento del fruitore dall’informazione presente in forma sintetica sul packaging – luogo di ingresso – a dispositivi comunicativi più densi di contenuti, che offrono l’opportunità di entrare nel merito delle tematiche legate alla PEF e alla sostenibilità ambientale.
Dopo aver delineato la struttura del sistema comunicativo per la PEF ci siamo occupate di definirne l’identità visiva. Da una fase di lavoro preliminare sono state tracciate le coordinate da porre alla base del progetto di identità visiva, sintetizzabili in:
A partire da queste coordinate è stato condotto un lavoro incentrato sui modelli traduttivi per la produzione di codici visivi identificativi della PEF. Si è trattato di sviluppare un sistema segnico in grado di tradurre i concetti chiave alla base della metodologia PEF in un’identità visiva efficace e riconoscibile tanto sul supporto etichetta, vincolato dal formato ridotto e collocato su imballaggi caratterizzati dall’identità visiva dei brand di riferimento e dall’elevata densità di informazioni relative al prodotto, tanto applicata al sistema comunicativo in toto. Due sono state le questioni principali alla base di questa fase di progettazione: la prima riguarda la natura stessa del packaging in quanto supporto comunicativo, la seconda fa riferimento alla metodologia PEF e alle sue peculiarità.
Lavorando sui concetti precedentemente espressi di flessibilità e adattabilità, sono state elaborate tre ipotesi di identità dinamica fondata su una semplificazione delle 16 categorie di impatto della PEF: climate change, water scarcity, land use and energy carrier. Quattro categorie che hanno rappresentato gli elementi variabili prestabiliti (Hughes, Drunen & Nes, 2012) che hanno dato luogo alle ipotesi di identità visiva dinamica autogenerativa. La riduzione a 4 categorie è stata dettata dalla necessità di produrre un segno sintetico e immediato, che non fosse di ostacolo all’utente che si muove all’interno di un ambiente già saturo di informazioni e che agevolasse, semplificandolo, il processo di decodifica dell’informazione.
La dinamicità consente di valorizzare il singolo produttore – ogni azienda infatti è così caratterizzata da un segno PEF personalizzato sulla base dei propri dati – mantenendo l’uniformità riconducibile a un’unica metodologia PEF.
Le tre ipotesi sviluppate – “Diagramma fitomorfo”, “Astrazione evocativa della tessitura”, “Segno criptogrammatico” – risultano coerenti per finalità, utilizzando linguaggi comunicativi in grado di enfatizzare elementi differenti, base comune la traduzione da dato a infografica. Da un confronto con i partner di progetto è stata selezionata l’ipotesi “Astrazione evocativa della tessitura” per un successivo approfondimento e finalizzazione.
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Il sistema comunicativo è stato strutturato ponendo al centro il packaging in quanto primo luogo dell’accesso all’informazione, si è ritenuto quindi fondamentale dare spazio alla elaborazione e definizione della PEF label che verrà applicata all’imballaggio.
La progettazione dell’etichetta PEF ha portato con sé una riflessione sulla scelta delle forme espressive verbali più efficaci e allo stesso tempo immediate per il consumatore che non conosce la PEF. Il tema tocca principalmente due livelli. Il primo riguarda la natura stessa del packaging in quanto artefatto collocato in un ambiente saturo di informazioni;
il secondo riguarda il tipo di linguaggio utilizzato per comunicare la PEF e nello specifico la questione dell’accessibilità delle informazioni.
Per formulare messaggi testuali completi ed efficaci, è stato preso come punto di partenza quanto emerso durante l’attività di workshop condotta nel febbraio 2019. Sono state formulate tre ipotesi di etichetta PEF con peculiarità diverse dal punto di vista del linguaggio verbale scritto e delle gerarchie date alle informazioni.
Le criticità affrontate, che rappresentano i confini entro i quali muoversi, possono essere riassunte in:
Le tre versioni di etichetta (A,B,C) hanno orientamenti diversi per quanto riguarda le specificità delle forme espressive verbali su di esse posizionate. L’acronimo PEF ha, in tutti i casi, un ruolo gerarchicamente primario, mentre i messaggi formulati rispondono ad approcci differenti, da un messaggio “friendly” a un messaggio che utilizza un linguaggio e fornisce delle informazioni di carattere tecnico – “sottoposto a misurazione dell’impronta ambientale”.
Le tre versioni di PEF label sono state sottoposte a un’attività di test finalizzata a verificare e raccogliere feedback in merito al linguaggio visivo e alle forme espressive verbali, permettendo il confronto tra le modalità di interpretazione delle tre etichette.
È stato pertanto strutturato il form di un questionario destinato a un gruppo eterogeneo di potenziali consumatori. In particolar modo l’attenzione è stata posta sulle modalità che caratterizzano l’atto e il luogo del fare la spesa, simulandone i tempi di fruizione e il livello di attenzione dell’utente. Le singole etichette sono state mostrate ai partecipanti in primo luogo per pochi secondi, con una serie di successive domande aperte finalizzate a raccogliere feedback su quanto memorizzato. In una fase ad esempio è stato mostrata una delle tre versioni per 4 secondi circa ed è stato successivamente chiesto di ricostruire il testo dell’etichetta, al fine di verificarne leggibilità e efficacia dell’organizzazione gerarchica e individuare eventuali termini “critici” poco immediati. Altre domande facevano riferimento invece all’interpretazione del messaggio da parte del consumatore, questo ha permesso di verificare se ci sia un divario tra le intenzioni comunicative iniziali e il messaggio risultante.
Sul piano metodologico è stato dato ampio spazio alle domande aperte, per consentire al partecipante di esprimere senza vincoli il proprio pensiero. Sulle risposte è stato condotto poi un lavoro di estrapolazione dei termini maggiormente ricorrenti e una loro clusterizzazione per aree semantiche, al fine di individuare, se avviene e in quali punti critici, uno scarto tra intenzioni comunicative e interpretazione da parte del fruitore.
I questionari hanno coinvolto in totale un gruppo di 229 partecipanti che rispecchia per eterogeneità degli individui le caratteristiche dei potenziali utenti – sesso, età, formazione/professione. La sperimentazione ha portato in linea generale a una conferma degli obiettivi comunicativi, portando l’attenzione sul piano degli strumenti e delle modalità utili a questo tipo di indagine nell’ambito del Design della comunicazione. Tramite il link qui sotto è possibile visualizzare il dossier completo in cui sono stati organizzati i dati raccolti durante l’indagine. La versione di PEF label più efficace e più vicina alle intenzioni comunicative iniziali è risultata essere la versione B, riportata nell’immagine sottostante, che utilizza il messaggio testuale “filiera 100% responsabile”.
Per garantire una corretta leggibilità delle informazioni e l’efficacia del messaggio, senza interferire con la struttura dell’imballaggio e con la composizione grafica preesistente, sono state definite alcune regole base da seguire per l’applicazione della PEF label. Le regole tengono conto delle numerose tipologie di imballaggio utilizzate nel settore lattiero-caseario.
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